Bagnus Piera

Una vita da … solista.
Da bambina sognavo di fare la solista.
Sentivo dentro di me che avrei vinto la paura e ce l’avrei fatta.
Dopo svariate prove e rivisti i passaggi critici, ora la concentrazione è al
massimo ed il cuore impazza. Un respiro profondo e …via.
Sapevo che una volta partiti non ci saremmo potuti fermare, che intorno tutto
sarebbe stato in silenzio, che molti sguardi sarebbero stati puntati su di me e
che mi sarei sentita “grande”.
Sognavo di suonare il Concerto per pianoforte e orchestra n. 3 in Re minore di
Rachmaninov…
Sarà che non avevo un’orchestra, o che con gli anni ho ridimensionato le mie
ambizioni pianistiche, sta di fatto che quel sogno è rimasto nel cassetto.
Fino ad oggi, quando, dopo turbolenti passaggi in altri cieli piemontesi, ho
realizzato il mio sogno.
Sentivo dentro di me che avrei vinto la paura e ce l’avrei fatta.
La concentrazione è al massimo ed il cuore impazza.
Un respiro profondo e …via.
In fondo, mi sono detta oggi, non c’è molta differenza tra il pianoforte e
l’aliante: entrambi hanno la coda, i pedali e mi fanno volare.
Poco importa se il primo stacca da terra solo lo spirito.
Ciò che conta è che una volta libero riempie di adrenalina anche il corpo e
lo fa viaggiare, nello spazio come nel tempo, in una dimensione “altra” da cui si fa
fatica a ritornare.
Il tempo, lassù, pare rallentare; il mondo cambia aspetto. E se mentre ti senti “grande”
hai il coraggio di guardarti dentro, scopri di essere infinitamente piccolo, e fragile, e
troppo spesso impantanato in cose ancor più piccole di te. E allora pensi, in questo
stato di pace, che anche se nulla ti è dovuto, hai molto di cui ringraziare, che solo
quello che conquisti è davvero tuo, che se hai accanto degli amici cui raccontarlo sei
fortunato…
Poi la musica finisce ed è tempo di tornare con i piedi per terra.
Tutto bene. Ce l’ho fatta davvero.
Aprendo la capottina, con i piedi ancora sui pedali, sento risuonare in questa fresca
aria di fine febbraio l’accordo finale del mio concerto da solista